venerdì 26 agosto 2011

1999: il viaggio di Azzurra

Sedici anni tra la prima e l’ultima volta. Sedici anni di attesa tra i due titoli europei nella storia del basket azzurro. Sedici anni da Nantes ‘83 a Parigi ‘99. Sempre in Francia, sempre con la Spagna in finale, sempre con un Meneghin in campo. Andrea aveva 8 anni mentre il padre Dino vinceva il primo oro continentale: portò la medaglia come regalo per la prima comunione del figlio.

Il primo trionfo lascio che sia Sfide a raccontarlo.



La nostra macchina del tempo si ferma ad Antibes. È il 21 giugno 1999. Il viaggio di Azzurra all’ultimo Europeo del millennio comincia qui.


La prima dell’Italia è un concentrato di follia suicida. Per un tempo l’Italia è splendida. Guidata da Meneghin, lanciata dai tiri di Basile e Galanda, all’intervallo scava un +19 che sembra scrivere la parola fine sul match. Italia 48 – Croazia 29, con un incoraggiante 18/29 al tiro e 7/14 da tre. In avvio di ripresa gli azzurri restano avanti (56-37), ma lentamente Meneghin si spegne, Abbio aggiunge poco, si appannano Basile e Galanda, si cerca troppo la soluzione da tre e si ignora Fucka, attivo sotto canestro (6/9 a fine partita). Intanto, sul fronte croato, cresce Kukoc, Giricek lo segue, Mulaomerovic indovina i tiri pesanti che spaventano l’Italia. A 4’ dalla fine regge un +6 che sarebbe ancora oro (68-62). Ma da qui in poi c’è solo Croazia. Mrsic, campione d’Italia a Varese, mette il canestro del sorpasso, 69-68, a 55” dalla fine. Myers, mediocre fino a quel punto (1/11) ha dimenticato i compagni, giocato, tirato, sbagliato da solo due volte. Kukoc con un libero, ha condannato l’Italia al 70-68 finale. Myers ci prova un’ultima volta, a 7 decimi dalla sirena, ma il tentativo era diffcile quanto disperato.




A caldo, Andrea Meneghin si presenta ai microfoni di Telepiù: “C’è un solo commento da fare: Codroipo, Codroipo, Codroipo”. La bella città del Friuli ha la sventura di essere l’anagramma di una delle bestemmie che vanno per la maggiore.  “Esiste una possibilità” concludeva non senza ironia Antonio Dipollina su Repubblica: “che intendesse dire, dopo una sconfitta simile, "rido poco". Ma le probabilità sono bassissime”.

La seconda partita, quella in teoria più facile, contro la Bosnia diventa uno spareggio da dentro o fuori: se perdiamo siamo a casa, comunque da ultimi nel girone, anche in caso di un’eventuale vittoria nell’ultimo match contro la Turchia. L’avvio sembra confermare le indicazioni della vigilia sul valore del quintetto bosniaco, che segna il primo punto dopo 5’ (13-1). Ma non giochiamo bene. Tanjevic non toglie mai Myers, vuole permettergli di cancellare i cattivi pensieri della sera prima. Il progetto riesce. Segna 14 punti nei primi 11’, ma il resto dell’attacco quasi non c’è. E la Bosnia, che gioca praticamente solo in contropiede, resta in partita: è 36-30 per gli azzurri all’intervallo. Nella ripresa vediamo i fantasmi. Pari dopo 7’, sorpasso dopo 8’ (46-45) firmato Firic e Markovic. Myers latita, Meneghin pure, la difesa non pervenuta. Tanjevic ricorre ad Abbio, mette dentro Bonora dopo la prima tripla di Myers. È duello punto a punto, e finalmente Meneghin dà segni di presenza: 5 punti di fila per il 55-50 Italia.

Il finale è da thriller. Due liberi di Alihodzic firmano il nuovo sorpasso Bosnia: 59-58 a 3’ dalla fine. Myers fa 0/2 dalla lunetta, ma con 2’05 sul cronometro, Meneghin azzecca la tripla della vita, la tripla che ci manda a Le Mans. La Bosnia non segna più, Myers si arrampica per il +4, un libero di Galanda arrotonda il punteggio al 64-59 finale. Alla sirena l’abbraccio liberatorio di Meneghin e Myers a metà campo. Facciamo le valigie, l’Europeo continua.

L’ultima cartolina di Antibes è la faccia di Daniele Bonora, la forza tranquilla che ha appena stampato due liberi dopo averne appena sbagliati due. A 14 secondi dalla fine, sono i punti della vittoria, nella partita più dura, vinta di nervi e difesa contro un avversario giovane, tatticamente meno evoluto ma non per questo banale. Tanjevic si è piegato alla logica e ha insufflato un regista, Bonera, in una squadra senza idee e senza fiato in attacco, con 15’ da giocare e 6 punti da recuperare. Tanjevic parte con Chiacig che mette dentro otto punti ma difende male su Besok e per questo viene richiamato in panchina. Turkoglu viaggia da tre che è una meraviglia prima di alzare bandiera bianca per un problema alla schiena. L’Italia non segna su azione per quasi 8’, ma dietro alza il fortino e resta sotto solo di 7 (32-25); Myers con 5 punti di fila nell’ultimo minuto la riprende da solo. All’intervallo il tabellone recita Turchia 34-Italia 33.

Ma è un’illusione. Segniamo un solo canestro nei primi 5’ della ripresa, i turchi allungano 43-35 ma ci aggrappiamo a una tripla di Myers e due magie di Meneghin. Senza De Pol, e con tre piccoli di nuovo in campo (Abbio nel primo tempo, ora Bonora) giochiamo meglio. Il finale è il solito, per quest’Italia da batticuore. Avanti +5 all’ultimo minuto, ma Kurtluay infila una tripla, Bonora sbaglia due liberi, Sarica ne fa due su due. Poi, a 14” dalla fine, Bonora mette i liberi. E vince. Basile può festeggiare, davanti alle telecamere, la nascita della sua bambina. L’Italia può ancora sognare un podio.

A Le Mans l’Italia affronta, nell’ordine, Germania (il 26), Repubblica Ceca (27) e Lituania (28). Nella capitale della velocità, Azzurra corre. Si toglie la paura da dosso, dimostra che quando vuole sa anche giocare. Certo, la Germania ha dato una mano notevole. Prevedibile Novitzki (solo 4/6 al tiro), inguardabili Okulaja e Arigbabu (zero punti in due): con l’assenza di Roedl e l’infortunio di Lutcke, la luce si è spenta presto.

Basile si arrende dopo pochi secondi (botta alla coscia), ma gli azzurri chiudono in surplace, con il quintetto titolare tutto in panchina e tutti i 12 a disposizione coinvolti nel giro delle rotazioni. Myers (4/7), Meneghin (4/9 e i complimenti per come ha difeso su Novitzki), Chiacig (6/7) hanno brillato in una vittoria di tutti, dell’Italia come collettivo. Pronti via ed è già 6-2 Italia, con 6 punti di Chiacig. La Germania tocca la sua unica parità a quota 15. De Pol è già al terzo fallo, Tanjevic scopre che anche Meneghin può andar bene per marcare Nowitzki e la difesa azzurra diventa imperforabile sugli esterni.

Senza Bonora, l’Italia si affida al contropiede, alle palle rubate di Abbio e a una pressione che moltiplica gli errori avversari e allarga il solco: 37-25 a metà gara. Nella ripresa spazio anche a Bonora per gestire un vantaggio che al 7’ tocca i +22. La partita non c’è più. Garbage time fino al 74-53 finale.

Contro i cechi altro giro, altra corsa, altra vittoria, che vale un posto nei quarti. De Pol cancella Barton e chiude con 4/5 al tiro. Fucka è perfetto sotto canestro, 5/5, Myers aggiunge un 6/15 con 7 assist. Abbio guida una difesa che costringe gli avversari a perdere 23 palloni. Funziona meglio l’Italia della ripresa: nel primo concediamo 40 punti, anche se l’attacco è più efficace del solito e si concede qualche soluzione da tre più del necessario.

L’ultima sfida della seconda fase a gruppi, quella che piò valere il primo posto nel girone, è contro la Lituania di Sabonis, uno che, come ha scritto Walter Fuochi, inviato di Repubblica, “gioca, s’allena, mangia, beve e (soprattutto) dorme quando e quanto gli pare, ma nessuno si sogna di allinearlo: è qui per fare un favore, ha messo anche soldi, per la federazione lituana, è azionista dello Zalgiris campione d' Europa per club. E, se va in campo, fa sempre sfracelli. O, se non ci va, li fanno gli altri”. Era sovietico, ricorda ancora Fuochi, “tanti anni fa, come tutti, anche se Mosca la detesta, da buon baltico indipendentista. Quel che fece, con l' ultima Urss, se lo ricordano bene negli Stati Uniti. I chirurghi americani gli avevano appena ricostruito entrambi i tendini d' Achille, perché Arvydas doveva andare a giocare là e quel corpaccione si reggeva su giunture di Boemia, quando ci furono le Olimpiadi di Seul ' 88. "L' America s' è fabbricata in casa la corda per impiccarsi", disse il coach sconfitto, George Thompson, trafitto dalla vergogna nazionale come un colossale San Sebastiano nero. Fu l' oro di Sabonis, gli Usa ne furono frantumati. Poi la caduta dell' impero frantumò l' Urss e lui si fece prima spagnolo (Valladolid e Real Madrid) e infine americano”.

Contro l’Italia gioca la miglior partita del suo Europeo. Gli azzurri si sciolgono a cavallo della sirena di metà gara: la Lituania infila un parziale di 29-3 nei 10’30” tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo. Il dislivello tecnico e fisico è molto più ampio del divario finale di 12 punti (74-62). Facciamo di nuovo le valigie: si va a Parigi, siamo tra le otto migliori nazionali d’Europa.

Ai quarti ci tocca la Russia. Solo 12 mesi prima, sempre ai quarti, ai Mondiali di Atene, era arrivata un’eliminazione bruciante, contro gli Usa, arrivata fallendo all’ultimo secondo il tiro della vittoria dopo una partita sciagurata, proprio contro la Russia. Stavolta, invece, è un trionfo: 102-79. I russi, con Babkov (26 punti agli azzurri ad Atene) che zoppica per i tendini infiammati, riescono a stare davanti un solo minuto (11-9), reggono sul primo allungo azzurro (19-13) solo perché, di quei 13 punti, 12 li firma Karassev. A fine primo tempo l’Italia è in vantaggio di 9 punti. Nella ripresa, dopo 6’, con gli azzurri avanti 59-48, Karassev colpisce Myers all’anulare sinistro. Per lui, dopo 22 punti con 8/10 da tre, la partita finisce qui. Qui l’Italia gioca da grande squadra, non amministra, insiste, attacca e la tripla di Abbio che vale il +16 a 5’40” dalla fine certifica la fine della partita. Per gli azzurri una vittoria che vale doppio: la speranza di un podio europeo, la certezza di un biglietto per le Olimpiadi di Sydney.

In semifinale c’è la Jugoslavia che tiene la Germania a contatto fino al 24’ (45 pari), poi nel finale sprinta e vince di 10 (78-68) grazie al significativo contributo di Scepanovic, 17 punti, che si regala una serata da protagonista insieme ai soliti noti (Danilovic 15 punti, Bodiroga 14, Divac 8).

Inizialmente le speranze vacillano, contro i campioni d’Europa e del mondo in carica. Ma l’Italia parte a testa bassa, e arriva alla sirena in vantaggio di 14 (37-23). Ma Bodiroga, Danilovic, Divac non mollano: sorpasso a pochi minuti dalla fine. Ma questa Italia ha lo spirito di Tanjevic, ha la forza tranquilla di Andrea Meneghin che così emerge nel racconto di Walter Fuochi:

Doveva fare di tutto, e l' ha fatto. Il playmaker, che pur non è il suo mestiere. Il difensore multiuso, sui piccoli che ti scappano sotto le gambe e sui grossi che ti spingono via di peso. E il tiratore, naturalmente. Eravamo già a casa a prendere pomodori, la seconda sera con la Bosnia, se Meneghin non avesse infilato la tripla del sorpasso a 2 minuti dalla fine. Forse non saremmo a Parigi, se non avesse rimontato, quasi da solo, contro la Turchia. Pure nella disfatta coi lituani, è stato l' unico a giocare: meglio, a tenerli sotto, per tutto il primo tempo. Pare un secolo fa quando due Meneghin furono l' unico padre e figlio ad affrontarsi in serie A: i primi passi del bimbo a Varese, gli ultimi del Dinosauro a Trieste”.

L’Italia hiude e riparte: alla fine il punteggio è Italia 71 – Jugoslavia 62. Siamo in finale, siamo sul podio. Siamo da oro.



Perché la corsa iniziata contro Jugoslavia e Russia non si arresta contro la Spagna. L’Italia non ha mai temuto di poter perdere, nemmeno quando, e l’ha fatto per lunghi tratti, ha giocato male. E qualcuno avrà anche pensato che la Spagna (-7 a 2’16” dalla fine, -6 con 1’30” sul cronometro) potesse anche infilare il sorpasso-beffa in volata. Ma Myers si è preso falli e tiri liberi, segnandoli praticamente tutti (12/14 a fine partita il suo score dalla lunetta).

In avvio si vede l’Italia migliore: trincea difensiva, con la Spagna che segna 6 punti in 11’ e attacco che fa il suo senza esagerare. Dopo 14’ è massimo vantaggio azzurro, 26-11. Ma gli iberici passano alla zona e l’attacco italiano va in confusione: 0 punti in 5’ mentre Myers e Meneghin devono fare gli straordinari per difendere su Herreros. All’intervallo siamo avanti di 8 punti, che possono essere un patrimonio quando lo score è basso. L’attacco si accende (tripla di Fucka al 1’ della ripresa, poi una di De Pol) e si spegne contro la zona ma ancora una volta è la difesa a tenerci avanti. Per gli iberici altro parziale asfittico, 7 punti in 12’. E quando Abbio, salvando una palla che sta per uscire alza un lob che diventa un assist per la schiacciata di Chiacig il tabellone recita 47-28 Italia. Manca tanto. Ma in fondo manca poco. L’Italia vince da Italia, 64-56.






Commenta Fulvio Vanetti sul Corriere della Sera: “Hanno estratto quel che rimaneva di energie fisiche e mentali per costringere la Spagna a sbagliare tanto e a veder controbilanciati dalle palle perse gli 11 rimbalzi in più che ha catturato. Avuta in pugno la partita, ci siamo rintanati ed è stato un errore. Ma la saggezza di Myers, l'ennesima gran partita di Fucka (miglior giocatore del torneo), la decisione di De Pol, di Meneghin e di Abbio nel togliere respiro all' avversario diretto hanno sancito il trionfo. Si doveva vincere dalla lunetta, a un certo punto, e così è stato: una freddezza figlia della maturità” .

Alla fine De Pol fa il cavallo, Meneghin lo monta da fantino e insieme vanno a prendere una bandiera sotto la curva mentre Myers si inchina, elegante, a metà campo e “ruba” il pallone da portare a casa e regalare a suo figlio.

È raggiante Tanjevic, che in Francia ha conquistato anche una Coppa Campioni e un Europeo juniores. "Mai avuta pressione, stasera, solo voglia di finire. Ma tranquilli, sicuri. Sì, è la mia più grande vittoria in carriera, anche se fu bella la Coppa Campioni col Bosna Sarajevo, ero un ragazzo e già allenavo. Finale a Grenoble, dovrei far tutte le finali in Francia. All' oro un po' ci pensavo, ma ripenso di più alla partitaccia coi lituani. La rigiochiamo cento volte e la vinciamo cento volte. No, non esagero, in un Europeo di 18 tempi, 16 buoni e solo due no. O sbaglio?

Si schernisce, però, quando lo paragonano a Velasco e Rudic, gli altri due coach “importati” che hanno fatto grande il nostro sport. Il ritratto della sua filosofia, del suo legame con Sarajevo, è di Luca Valdiserri sul Corriere della Sera:

Ogni volta che ne parla, guarda un punto lontano all' orizzonte. Bodgan Tanjevic, per tutti Boscia, a Sarajevo ha abitato per tantissimi anni, ha allenato (il Bosna) e ha vinto (scudetto e Coppa dei campioni). Ogni volta che può, Tanjevic racconta del sapore del caffè turco, delle strade piene di gente e di quel miracolo che teneva insieme serbi, croati, montenegrini, zingari, atei, ortodossi, cattolici, musulmani. "Un esempio di tolleranza, la citta' più bella del mondo", dice con la sua voce arrochita dai troppi sigari e dai tanti strilli in panchina. Boscia è partito anche da questo per costruire la "sua" nazionale. Una squadra multietnica, come la Francia campione del mondo di calcio l' anno scorso di questi tempi, simbolo di una società che sta cambiando: italiani, "italianizzati" come lo sloveno Fucka (che proprio Tanjevic ando' a scoprire a Kranj e rubò alla Jugoslavia) e il brasiliano Damiao, cittadini del mondo come Carlton Myers che e' nato a Londra da padre giamaicano e madre italiana. Per costruire un gruppo forte e unito, Tanjevic ha pure corso un grande rischio: ha lasciato fuori quel Pozzecco che quasi tutti volevano in nazionale, anche per il solito malinteso sullo spazio da lasciare alla "fantasia" nello sport. Avesse perso, l' avrebbero lapidato di critiche. L' uomo di Sarajevo, invece, ha pensato alla difficoltà di gestire in un lungo ritiro il "personaggio" Pozzecco e a quello che la sua amicizia con Andrea Meneghin avrebbe potuto portare: il gruppo dei varesini da una parte e i compagni dall' altra. E sacrificando Pozzecco ha iniziato a costruire un legame strettissimo tra Andrea Meneghin e Carlton Myers, le due stelle. L' esperimento è riuscito. L' Italia ha vinto un Europeo ancora più difficile di quelli del passato per la frammentazione dell' Est europeo: una volta bisognava battere Urss e Jugoslavia, ora anche Lituania, Croazia, Slovenia... Un mondo nuovo, che ha preso posto di quello vecchio un po' più tollerante. Ed è bello pensare che a Sarajevo, stasera, qualcuno senta suo un pezzettino di medaglia”.

IL TABELLINO DELLA FINALE

ITALIA: Meneghin 2, Myers 18, De Pol 7, Fucka 10, Chiacig 9, Basile 2, Abbio 10, Galanda 4, Marconato 2. N.e. Bonora, Damiao, Mian. SPAGNA: Rodriguez, Jimenez 3, Herreros 10, Reyes 7, De Miguel 1, Corrales 15, Angulo, De La Fuente 4, Duenas 7, Romero 4, Esteller 5. N.e. Rodilla. Arbitri: Rems (Slo) e Dorizon (Fra). l Note: liberi: Ita 26/33, Spa 22/36. Da due: Ita 16/30, Spa 11/27. Da tre: Ita 2/15, Spa 4/14. Rimbalzi: Ita 27, Spa 38. Parziali: 5' 8-5, 10' 18-6, 15' 28-14, 20' 32-24, 25' 42-28, 30' 50-31, 35' 52-38, 40' 64-56. Massimo vantaggio Italia: +20 (49-29) al 29' . Massimo svantaggio: -2 (0-2) al 1' . Spagna avanti 23 secondi, Italia 37' 39' ' , parità per 1' 55' ' .


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