martedì 9 agosto 2011

Donato Bergamini, il calciatore suicidato



Chi era davvero Donato “Denis” Bergamini? E soprattutto, perché è morto? Domande che, dopo 22 anni, ancora non hanno trovato una risposta. Centrocampista di Argenta bello e di talento, da cinque anni giocava a Cosenza, in serie B. È una mezzala sinistra, che copre e costruisce, ma che soprattutto ha polmoni d’acciaio e fiato da vendere, qualità che contano più della tecnica nel calcio di provincia. Esordisce tra i dilettanti emiliani, prima all’Imola, poi al Russi.

Nel 1985 il Cosenza, squadra ambiziosa che sogna di tornare in B dopo 20 anni si accorge di lui. E nel 1988 festeggia davvero la promozione. È il glorioso Cosenza di Gianni di Marzio, in cui Bergamini dà il meglio di sé. Sull’asse Bergamini-Padovano si muovono i sogni di una città per cui la serie A non è più un miraggio. È la stagione più bella nella storia del club, la promozione sfuma solo per la classifica avulsa. In estate il Parma fa di tutto per ingaggiare Bergamini, ma la società rossoblu lo dichiara incedibile e lo conferma per un’altra stagione. L’ultima.


La sua è la storia di un calciatore che sognava di ricavare dal calcio più di quanto ha avuto o la morte scomoda di un uomo che sapeva troppo? L’unica verità processuale cui finora si è arrivati ha determinato che si è trattato di suicidio. Ma le prove non convincono e l’inchiesta sarà riaperta per capire davvero cosa è successo il 18 novembre 1989.

Questo è uno dei tanti misteri irrisolti d’Italia. E come tutti i misteri che si rispettino inizia in una sera buia e tempestosa. Una sera di pioggia sulla statale 106 Ionica.

Il 18 novembre 1989 è un sabato. Pochi minuti prima di mezzanotte l’Ansa batte la notizia secondo cui "Bergamini si è suicidato stasera a Roseto Capo Spulico,un centro dell'alto Jonio cosentino, facendosi volutamente investire-secondo una prima ricostruzione dei fatti fornita dai carabinieri-da un autotreno in transito lungo la Statale 106 Jonica. Il suicidio di Bergamini sarebbe avvenuto intorno alle ore 21 (in realtà verso la morte risale alle 19:30). Secondo quanto si è appreso, insieme con Bergamini si sarebbe trovata una giovane, Isabella, di 20 anni,una studentesse di Rende (Cosenza), legata da tempo sentimentalmente al giocatore. I due, a quanto pare, si trovavano sull'auto di Bergamini,una Maserati,ferma su un lato della strada.Il giocatore sarebbe sceso precipitosamente dall'automobile e si sarebbe fatto travolgere volutamente,sempre secondo gli inquirenti,da un autotreno,restando ucciso sul colpo. Secondo quanto ha riferito un sanitario del Pronto Soccorso dell'ospedale di Trebisacce, la morte di Bergamini è soppravvenuta per sfondamento toracico e per un gravissimo trauma addominale”.

La notizia fa scalpore: mai prima d’ora un giocatore nel pieno dell’attività arrivava a togliersi la vita. Ma il gesto estremo e drammatico rivela subito stranezze e interrogativi senza risposta. La chiave della storia è Isabella Internò, la ragazza fidanzata quasi ufficiale di Bergamini tra il 1985 e il novembre 1988: da quel momento i due si sono lasciati e ripresi più volte. La sua versione dei fatti, finora l’unica agli atti del processo, parla di un Denis sconvolto. Lui l’avrebbe chiamata quel pomeriggio, intorno alle 16, pregandola di accompagnarlo a Taranto per prendere un traghetto che lo portasse in Grecia.

Ma dalla città non ci sono navi dirette verso la penisola ellenica. Isabella ha affermato che Denis farfugliava di volersi allontanare da Cosenza, ma di non poterle spiegare il perché. Secondo il suo racconto, si fermano a discutere animatamente, con Denis che parcheggia la sua auto, una Maserati bianca targata FE-457412, su una piazzola di sosta, chiede a Isabella di riportarla indietro e aggiunge che proseguirà con l’autostop. La ragazza gli raccomanda di desistere, anche perché piove ed è buio. Denis esce dall’auto senza indossare il giubbotto e accenna l’autostop. Isabella lo richiama per convincerlo a desistere e tornare a Cosenza. Bergamini rifiuta, le grida “Ti lascio il mio cuore, non il mio corpo!” e si getta sotto un tir.

Il camion è un autocarro Fiat 180 NC a quattro assi, targato RC-307921, carico di mandarini che procede con i fari accesi. Lo guida Raffaele Pisano, autotrasportatore di Rosarno. Isabella mette in moto la Maserati per verificare se Bergamini è ancora vivo. Pisano ferma il mezzo, spiega di aver trascinato il corpo per quasi 60 metri e poi di aver manovrato in retromarcia, non può fare altro che constatare la morte del calciatore per schiacciamento del bacino.

Il corpo di Denis è davanti al camion, sul margine destro, in posizione bocconi, con gli arti inferiori verso il guard-rail e con il tronco parallelo all'autocarro. I carabinieri chiedono a Pisano dov’è finita la ragazza, che non è più sulla scena. Pisano risponde che la ragazza si è recata a Roseto Marina “con un auto di passaggio” per telefonare. Proprio a Roseto Marina i carabinieri avevano controllato la Maserati di Bergamini alle 17.30, due ore prima della morte del calciatore. Ma perché in due ore i due hanno percorso solo pochi chilometri?

La perizia dei carabinieri conferma “una traccia di strisciamento del cadavere misurata in 59 metri". Il loro rapporto rileva la presenza della Maserati davanti all’autocarro di Pisano. Ma, poche righe più in là, i carabinieri scrivono che a Roseto Marina, davanti al bar di Mario Infantino, hanno trovato “la ragazza che prendeva posto sulla Maserati di cui sopra”. Ma come può una stessa macchina essere in due posti contemporaneamente? Come è arrivata Isabella Internò a Roseto Marina? In ogni caso, su questo particolare, mentono tutti, perché la Maserati, al momento dell’arrivo dei carabinieri, è dietro il camion. La ragazza, secondo la sua versione dei fatti, una volta al bar avrebbe telefonato non ai carabinieri, come sarebbe stato logico, ma a sua madre, all’allenatore del Cosenza, Gigi Simoni, e al capitano della squadra, Marino.

Il padre di Denis Bergamini chiede al brigadiere dei carabinieri Tarbuscio di accompagnarlo sul luogo della morte del figlio. Prima del sopralluogo, gli consegna una busta con gli effetti personali di Denis: i documenti, 760.000 lire circa in contanti, l’assegno della società che rappresentava l’ultimo stipendio, l’orologio che aveva al polso, intatto e ancora funzionante.

La prima consulenza e l’autopsia smentiscono l’idea dell’incidente. I segni e le ferite sull’addome sono compatibili con un solo scenario: Bergamini era disteso quando il pneumatico anteriore del camion gli passa sopra. L’autopsia, completata con la riesumazione del corpo dopo circa 50 giorni, risulta una morte avvenuta per arresto cardiaco e dissanguamento con schiacciamento al torace, una ferita ampia sulla parte destra del bacino. Non esistono segni di trascinamento, sul corpo non ci sono altre ferite, né ossa fratturate o rotte. A causa del ritardo con cui è stata svolta l’autopsia non è stato possibile indicare con precisione l’ora della morte.

I dubbi del padre

Papà Domizio, la moglie e Donata, sorella di Denis, si recano all’ospedale di Trebisacce, per il riconoscimento del cadavere, che si presenta coperto da un telo bianco: si vede solo la testa, illesa a parte un piccolo livido sulla tempia sinistra. Un’infermiera consegna alla madre la catenina che portava al collo ma le dice di non toccare il corpo, perché distrutto. Al riconoscimento non partecipano i genitori, ma il presidente del Cosenza, Serra, che sconsiglia i genitori dall’eseguire l’autopsia, e il direttore sportivo della società, Ranzani. Nessuno dice a Domizio e alla moglie che il corpo di Denis non è affatto distrutto. Nessuno consegna, come la madre chiede più volte, i vestiti.

Le scarpe arrivano a casa Bergamini un mese dopo la disgrazia. Le ha recuperate Ranzani, alla famiglia le portano due factotum del Cosenza, Domenico Corrente e Alfredo Rende, che telefona poi a casa Bergamini e annuncia che a fine campionato sarebbe andato a casa loro, a Boccaleone, per raccontare tutto. Dopo l’ultima giornata della stagione, a Trieste, i due partono in macchina insieme al portiere, che guida fino a Trani e scende. Corrente e Rende prendono la Statale Jonica, la stessa dove è stato trovato il corpo di Denis, e a poca distanza dal punto del ritrovamento muoiono in un incidente con più di una circostanza ancora da chiarire.

Il brigadiere Tarbuscio non è in grado, quando Domizio glielo chiede, di identificare il punto esatto in cui Bergamini sarebbe stato investito. Le distanze da lui riferite, un trascinamento di 64 metri, non trovano riscontri. Dall’autopsia non emergono segni di trascinamento; il perito Coscarella analizza il tachigrafo che segna 35 km e sostiene che il tir avrebbe dovuto fermarsi entro 15, 18 metri al massimo. Ma il dubbio più grande riguarda lo stato del cadavere.

Domizio racconta a Carlo Petrini, autore del meritorio “Il calciatore suicidato” (Kaos Edizioni), di aver visto il punto esatto dell’impatto solo dieci giorni dopo. “Più avanti della piazzola di una cinquantina di metri,subito dopo l'inizio del guard rail, sull’asfalto c’era una macchia di sangue grande come un piattino. Di sangue ce n'era molto di più sul guard-rail e subito sotto, infatti a quel punto abbiamo capito che il corpo di Denis era stato appoggiato sul guard rail. Ho detto a mio genero: ‘Vuoi vedere che in mezzo a quei cespugli c'è un sentiero che collega questo punto con la piazzola?’ Infatti il sentiero c’era”.

Il 19 settembre 1990 la Procura di Castrovillari rinvia a giudizio Raffaele Pisano per omicidio colposo, ma il 4 luglio 1991 il pretore di Trebisacce, Antonino Mirabile, lo assolve per non aver commesso il fatto.

Il 10 giugno 1992 la Corte d'appello di Catanzaro conferma l'assoluzione. Nella motivazione, i giudici affermano che la testimonianza di Isabella è chiara e completamente affidabile, perché nessun ragionevole motivo indica un interesse a mentire. Secondo la Corte d'Appello,insomma,il giocatore Donato Bergamini si era "deliberatamente suicidato",anche se non se ne conosceva il perché.

I motivi per dubitare
Per Carlo Petrini, le ragioni della morte di Bergamini vanno cercate in quanto accaduto cinque giorni prima. Il 12 novembre 1989 il Cosenza gioca a Monza. Sugli spalti c’è anche il padre di Donato, Domizio Bergamini. Al termine della partita, finita 1-1, Donato gli dice che non rientrerà a casa, andrà a Milano con la sua ragazza. Da qualche mese ha lasciato Isabella, ora ha una nuova fidanzata, di Russi. Donato e la ragazza vanno all’Hilton: Donato prenota due camere singole e paga 800 mila lire. A detta del padre, che lo racconta a Petrini, tornando a casa gli dice che non ha fatto l’amore con la ragazza. Poi, la sera del 13 novembre intorno alle 20, riceve a casa una telefonata che lo stravolge. Poi, il giovedì successivo, il 16, viene prelevato da tre persone dal ristorante in cui stava cenando: portato dove? E perché? Altre domande senza risposta. Sabato 18, alla vigilia di Cosenza-Messina, la squadra, come tutti i sabati prima delle partite interne, va al cinema, il Garden, sempre lo stesso da quattro anni. Secondo la deposizione del massaggiatore Beppe Maltese, Bergamini gli chiede dove siano i bagni: è l’ultima volta che lo vede vivo. Alcuni compagni di squadra dicono di averlo visto uscire dal cinema in compagnia di due persone.

Da questi elementi i dubbi sulla versione ufficiale crescono. E si fanno quasi certezza se si considera quel che ha raccontato Donata a Chi l’ha visto: Bergamini, qualche giorno prima della morte, avrebbe tagliato i calzini di tutti i compagni di squadra per uno scherzo. La sera prima della partita, rivela Andrea Scanzi su Il fatto quotidiano, passa a casa di amici per prendere la pappa reale che i medici gli avevano diagnosticato come ricostituente. Il mattino del suo ultimo giorno, incontrando un’amica, le mostra l’assegno da 10 milioni appena ricevuto dalla società. Ha già comprato i biglietti di Natale per i suoi familiari. La domenica, giorno della partita Cosenza-Messina, viene pubblicata un’intervista in cui promette battaglia. Sono comportamenti che ci si possono aspettare da chi medita un suicidio?

Ma in quei giorni, Donato Bergamini è preoccupato. Perché "qualcuno a Cosenza mi vuole male", come rivela alla sua nuova fidanzata romagnola due giorni prima di morire. La relazione con l'ex compagna non era certo passata inosservata: "Qui siamo in Meridione, non al nord".

Al centro del quadro, però, e al centro delle molte domande senza risposta, c’è la Maserati bianca che Bergamini acquista nell’agosto 1989. Gliel’ha venduta Francesco Sprovieri, pregiudicato locale, per 20 milioni, cifra inferiore al suo valore commerciale. È una macchina speciale, unica, sostengono Petrini e il giornalista Vincenzo Carchidi: tutti, agenti, carabinieri, finanza, sanno che è l’auto di Donato, che apparteneva a Sprovieri.

Chi l’ha visto la rintraccia, scopre due due doppi fondi. 



Sarebbe stato lo stesso Sprovieri a presentare Isabella a Bergamini. Per quale motivo? Secondo una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti, per trafficare droga, per controllare le spedizioni. A volte, infatti, Bergamini non viaggiava sul pullman della squadra, ma con la sua auto.

All’improvviso, sulla scena dei misteri, spunta una fantomatica Damatiana De Santis, falso nome di una presunta studentessa di Matematica a Cosenza. Damatiana rivela che a Bergamini venivano date scatole scatole di cioccolatini quando il Cosenza andava a giocare al nord, ma all’interno veniva nascosta la droga da spacciare. Per questo è stato ucciso Donato? Perché ha scoperto il trucco e si è rifiutato di continuare?

Carlo Petrini è convinto che nella serata all’Hilton Bergamini abbia detto a qualcuno che quella sarebbe stata l’ultima volta, e che per questo sarebbe stato ucciso. L’ultima volta che avrebbe trasportato droga? O l’ultima che avrebbe partecipato a una partita truccata?

Perché è questa l’altra ipotesi, collegata al Totonero e al coinvolgimento della malavita nelle partite truccate e nelle scommesse clandestine. Di sicuro, il boss della ‘ndrangheta Franco Pino confesserà in un processo di aver truccato la partita Cosenza-Avellino 2-1. Ha tenuto in ostaggio sulle tribune del San Vito la moglie di un giocatore ospite per essere certo che si verificasse il risultato atteso. Ce ne erano state altre? Bergamini l’aveva scoperto?

Il bomber di quel Cosenza, Michele Padovano, compagno di camera di Denis, al suo funerale disse al padre Domizio: “Se tuo figlio me lo avesse detto: io conoscevo un pezzo da novanta che avrebbe messo tutto a posto”. Ma cosa bisognava mettere a posto? 

Un delitto d’onore per chi ha conosciuto da minorenne una ragazza vicina a un pregiudicato per poi lasciarla? O l’omicidio di chi non voleva più prestarsi a certi giochi, di chi sapeva troppo?

Dopo 22 anni, il gip del tribunale di Castrovillari ha annunciato che riaprirà il caso. Eugenio Gallerani, legale della famiglia Bergamini, ha messo a punto un dossier di 208 pagine che ha convinto il tribunale ad aprire un nuovo fascicolo per omicidio volontario contro ignoti.

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