lunedì 1 agosto 2011

We are Genoa: 1992, la conquista di Anfield



C’è l’aria dell’esame di maturità e l’atmosfera della corrida. Le bandiere delle Asturie si confondono con quelle rossoblù in un pomeriggio di settembre a Oviedo. La città aspetta l’evento dell’anno, la conclusione della festa di San Matteo, con i migliori tori e toreri di Spagna in piazza. Ma per il Genoa quello è un giorno speciale per un altra ragione. È il debutto in Europa, almeno quella moderna. I precedenti, infatti, si perdono nel bianco e nero dei filmati dell’Istituto Luce, nella sconfitta a Praga contro lo Slavia nella Coppa dell’Europa centrale. L’avversario non è dei più conosciuti, e questo al tecnico Bagnoli piace: così dobbiamo contare solo su noi stessi, dice. In realtà qualcosa sa: da due settimane, infatti, il suo braccio destro Maddè è a Oviedo per studiare una squadra che due anni prima giocava in serie B e alla vigilia della sfida è quarta in classifica. Cinque punti in tre partite, zero gol subiti e un successo a Barcellona sull’Espanyol lo score. L’allenatore degli asturiani, Irureta, come Bagnoli unisce saggezza e aggressività. Schiera un 5-3-2 roccioso, con Carlos e il romeno ex Fiorentina Lacatus di punta.


Anche per l’Oviedo è il debutto internazionale, ma il ballo delle debuttanti va decisamente peggio al Genoa. Bagnoli non può schierare Branco, che ha recuperato da troppo poco tempo da un infortunio al ginocchio. Il tecnico piazza Caricola su Lacatus. Dopo 25’ è già sul taccuino degli ammoniti dell’arbitro svedese Fredriksson, lo stesso di Roma-Liverpool del 1984 e Milan-Nacional Medellin 1989, criticatissimo dopo Argentina-Urss ai Mondiali ‘90 (fu rispedito a casa dopo aver negato un rigore ai sovietici per fallo di mano di Maradona). Aguilera e Skhuravy soffrono, ben marcati da Gorrarian e dallo jugoslavo Jerkan, così hanno poche occasioni per pungere. Poi il Genoa subisce una rete ingenua, la più ingenua possibile, da calcio d’angolo: la deviazione vincente è di Bango. Nella ripresa la reazione è positiva. Caricola si vede deviare un tiro dal difensore Berto, poi riesce anche a segnare ma l’arbitro annulla. Sul portiere di casa piovono anche delle monetine, ma Viti riprende sportivamente il suo posto in campo. Il Genoa ha pagato lo scotto. L’orgoglio non basta, come non basta l’ingresso di Pacione e Fiorin: finisce con il peggiore dei risultati possibili con il minimo scarto.

Finisce con il rischio, concreto, di uscire dall’Europa appena entrati. Lo sa Bagnoli, lo sanno i 40 mila che riempiono Marassi e cancellano il record d’incassi (1,385 miliardi di Genoa-Juve del maggio 1990). La vigilia dei tifosi è tranquilla, scandita da una riunione goliardica nel centro della città a poche ore dalla partita: gli spagnoli hanno portato otto quintali di salsiccia piccante e quasi tremila bottiglie di sidro, i fornai genovesi hanno messo a disposizione diecimila panini. Non è certo serena, invece, quella della squadra.

Nella seduta di rifinitura Collovati colpisce alla gamba sinistra Onorati che sviene e deve essere portato in ospedale. In più, un incidente blocca il pullman della squadra sull’autostrada: i calciatori vengono caricati sulle volanti della polizia e arrivano a Marassi solo alle 19.45. Bagnoli è costretto a reinventare il centrocampo con Ferroni mediano destro e Fiorin più avanti, nella posizione di Onorati.

Nei primi venti minuti anche Bortolazzi viene colpito duro a un ginocchio, ma rimane comunque in campo. Al 21’ il Genoa mette in parità il punteggio nel doppio confronto. Skhuravy corregge una punizione di Branco e, dopo uno scambio in area con Aguilera, di testa batte Viti. Mancato il raddoppio in almeno due occasioni, il Genoa subisce il pareggio al 37’. Signorini disturba Braglia, così il cross di Berto finisce a Carlos che da pochi passi non perdona.

Nella ripresa i Grifoni ripartono all’assalto, ma l’Oviedo si chiude bene e al 61’ quasi passa in vantaggio con il tiro di Carlos, deviato da Torrente che per poco non beffa Braglia. L’espulsione di Lacatus, per fallo da terra su Aguilera, cambia il finale. Il destro da fuori di Caricola a un quarto d’ora dalla fine vale il 2-1 ma è ancora la testa di Skhuravy a tenere il Genoa in Europa.



Una tripletta sudamericana è il miglior modo di aprire il secondo turno e prepararsi all’imminente derby contro la Sampdoria. La Dinamo Bucarest confida troppo nella tenuta della difesa e nella trappola del fuorigioco, ma dopo 15’ è già sotto. Dopo 1’ di sospensione per un riflettore che si spegne all’improvviso, Eranio imbecca Aguilera che rompe l’equilibrio con il suo primo euro-gol. Dopo 6’ Branco avvia e conclude una ripartenza che vale il 2-0 e la sostanziale tranquillità. La prima partita di un’italiana con una squadra rumena del dopo-Ceausescu si trasforma in un trionfo. Il boato della curva per la sconfitta della Samp coincide con il rigore fischiato per fallo del capitano Doblos (che pagherà con la sostituzione) su Skhuravy: Pato Aguilera trasforma e festeggia la doppietta personale. È un Genoa trascinato da Eranio e Ruotolo, che può appoggiarsi sull’intelligenza e le giocate semplici di Bortolazzi. Peccato, però, che l’autorete di Signorini dia un piccolo appiglio alla Dinamo in vista del ritorno.



Ritorno cui il Genoa non arriva certo nella migliore condizione. I rossoblù non segnano da due partite in campionato: hanno pareggiato il derby 0-0 e perso in casa 0-2 contro l’Atalanta. E il calo di forma, soprattutto di Branco, Skhuravy, Eranio e Ruotolo, prosegue. “Potevamo segnare 20 gol, qualcosa non va” commenta Bagnoli a fine partita. Ne segna solo 2 il Genoa, ma bastano per la qualificazione. La buona sorte accompagna l’avvio dei rossoblù. Dopo 7’ Stelea respinge sul colpo di testa di Caricola e sul tap-in di Aguilera ma la palla carambola su Matei e in rete. La Dinamo è scorata, il Genoa sembra trasformare il match in un allenamento e si moltiplicano gli errori sotto porta. Difficile anche capire se e quanto i rossoblù siano in via di guarigione, nonostante il raddoppio maturato al 53’: Onorati scatta in posizione dubbia e serve Aguilera, mattatore del confronto, che non può sbagliare. Nell’ultima mezz’ora, in uno stadio ammutolito, la Dinamo tira fuori l’orgoglio mentre il Genoa si rilassa. Grazie a una penetrazione di Munteanu e al colpo di testa di Cristea, i padroni di casa lasciano lo stadio imbattuto. Per il Genoa resta il giallo dell’arbitro (solo i rumeni erano stati informati che l'inglese Lewis avrebbe sostituito l'ammalato Roethlisberger) e l’amaro in bocca per l’ammonizione di Signorini, per un banale fallo su Cheregi, che sarà squalificato per l’andata degli ottavi.

Una vittoria all'Est sarebbe stata di prestigio per noi e per il calcio italiano” commenta, senza nascondere la delusione, Bagnoli. “Invece usciamo con un pareggio dopo un doppio confronto nel quale potevamo realizzare venti gol. Qualcosa non va. Ovviamente il 2-2 l'avremmo firmato prima del via, non mi piace come è maturato. La Dinamo è stata una delusione. Per questo ora spero di incontrare il Real Madrid, almeno sapremo di dover lottare dall'inizio alla fine”.

Non sarà accontentato. Per il Genoa c’è ancora Romania, ancora Bucarest: stavolta è la Steaua, stella decadente di un calcio sempre più in difficoltà a furia di vendere e svendere all’estero. Il Genoa, però, non se la passa benissimo. C’è Collovati per Signorini e Berti, all’esordio internazionale dopo due sole presenze stagionali in campionato, in porta. Soprattutto, quella ottenuta all’andata contro la Dinamo è l’ultima vittoria ottenuta dai rossoblù, che in campionato non vincono da un mese.

La Steaua è lontana parente della squadra capace di vivere una breve ma intensa stagione ai vertici del calcio europeo nella seconda metà degli anni ‘80. Dopo la stagione d’oro culminata nel trionfo in Coppa Campioni di Siviglia e nella vittoria della Supercoppa Europea, dopo la finale persa contro il Milan ad Atene nel 1989, ha perso quasi tutti i migliori elementi. Nella rosa restano solo due nazionali, Stan e Dumitrescu, e i rapporti di forza nella capitale sono capovolti a favore della Dinamo: dopo 11 giornate la Steaua è solo terza, nettamente staccata dalla Dinamo capolista.

Il Genoa, invece, torna a trasformarsi di mercoledì. Offre la sua versione migliore, “bella di notte”, e torna a vincere in trasferta in Europa dopo 52 anni (l’ultima in Cecoslovacchia, nella Coppa Europa centrale del 1939). Un successo meritato, anche se un po’ sofferto nella prima metà della ripresa. 1-0 il risultato finale, che porta la firma di Tomas Skhuravy, che ha beneficiato del maggior lavoro dei centrocampisti. E se Aguilera avesse mostrato un po’ più di freddezza sotto porta, il punteggio avrebbe anche potuto essere maggiore. Ma il cuore rossoblù ha continuato a battere fino al 90’.

Al ritorno, però, il Pato è quello dei giorni migliori. Il Genoa non parla con i giornalisti, ma con i gol si fanno perdonare i silenzi stampa. Il Ferraris è tagliato da un vento a tratti insopportabile. I rumeni nel primo tempo dominano a centrocampo, ma i fraseggi producono solo conclusioni velleitarie. Ma i tifosi rossoblù non sono soddisfatti, e non solo per il freddo. Ma nell’intervallo Bagnoli riscalda i suoi e la ripresa è un monologo del Grifone. Palo di Ruotolo, salvataggio sulla linea di Stan sul pallonetto di Eranio, poi il vantaggio con il rasoterra di Aguilera: manca mezz’ora alla fine. Ma la partita è già finita, in realtà, Skhuravy e Aguilera sfiorano il raddoppio ma un gol basta. La pausa invernale è solo un intervallo di speranza. La favola in Europa continuerà nella primavera del 1992.

We are Genoa!
Il Liverpool è un mito del calcio: 18 scudetti, 4 Coppe di Lega, 4 Coppe d’Inghilterra, 4 Coppe Campioni, 2 Uefa e una Supercoppa. Ma l’ultimo successo in Inghilterra risale al 1990, in Europa addirittura al 1984. Anche perché è stato escluso dall’Uefa dopo gli incidenti della finale del 1985 allo stadio Heysel. Quella sera, mentre il Genoa chiudeva sesto il campionato di serie B, finiva un pezzo della storia europea dei Reds: la Coppa Uefa 1991 segna il loro ritorno sulla scena continentale.

Il primo a fuggire dopo la tragedia è stato il tecnico, Joe Fagan: gli è subentrato Kenny Dalglish, nel doppio ruolo di allenatore e giocatore. Con lui sono arrivati gli ultimi lampi di gloria (tre scudetti e due Coppe d’Inghilterra) ma lo stress eccessivo l’ha spinto a lasciare, con la squadra in testa alla classifica, il 22 febbraio 1991. Dal 16 aprile sulla panchina c’è lo scozzese, ex centrocampista della Sampdoria, Graeme Souness. In un anno è passato a mille traversie, ha rischiato il posto, si ritrova una squadra che stenta a ritrovarsi e in più in Europa è sempre costretto agli straordinari per il nuovo regolamento Uefa che impone un limite di quattro stranieri in campo. È cambiato anche il presidente. Dall’agosto 1991 la squadra è in mano a David Moores, 46 anni, che gira con una Mercedes targata Kop 1 e beneficia dei miliardi della famiglia, proprietaria del Totocalcio inglese, “Littlewoods”.

È la prima volta che il Liverpool affronta una squadra italiana dopo l’Heysel: non può essere una partita come le altre. Il timore maggiore, per la città e per i tifosi, riguarda gli hooligans. A Genova arrivano 2.500 tifosi del Liverpool, tutti controllati fin dalla partenza grazie alla collaborazione con Scotland Yard. In più, alla vigilia del match, una delegazione di tifosi genoani si è incontrata con un gruppo di supporter avversari, guidati dal sociologo Rogan Taylor, fondatore della "Football Supporters Association", creata dopo la tragedia dell' Heysel. Il match è preceduto dal concerto dei Reunion, che suonano, fuori dallo stadio, una selezione di canzoni dei Beatles.

Souness ha mezza squadra a pezzi: Rush (ex Juve), Hysen (ex Fiorentina), Barnes e Rosenthal sono rimasti a casa. Nemmeno il Genoa sta benissimo, ma Spinelli ha trovato un altro sistema per caricare i suoi: ha promesso un miliardo come premio qualificazione.

C’è un enorme striscione che ricorda a tutto lo stadio che “We are Genoa”, ma è il Liverpool che per 20 minuti comanda le operazioni. Souness rischia: manda Groebbelaar in tribuna e non porta un portiere di riserva in panchina. Bagnoli deve spostare Ruotolo più a sinistra, perché McManaman e Jones sfiancano Branco. Ma i rossoblù contengono bene e Saunders, capocannoniere della Coppa, gira a vuoto. Poi, lentamente, crescono e costruiscono le uniche vere occasioni da gol. A cinque minuti dall’intervallo Signorini lancia verso Skhuravy che trova il modo di ricavare un assist verso Fiorin: la sua mezza girata rompe l’equilibrio.

Nella ripresa il Genoa attacca ancora, sfiora il raddoppio (traversa di Skhuravy). Ma il punteggio non cambia. Almeno fino all’88’. Aguilera subisce fallo a 30 metri dalla porta. Branco si avvicina, sceglie con cura dove sistemare il pallone, parte e trova il “sette”. È un capolavoro dei suoi: ad Anfield due gol di vantaggio sono un cuscinetto che non fa stare del tutto tranquilli ma è comunque tranquillizzante.

In quello stadio nessuna squadra italiana ha mai vinto. Nella “fortezza” il Liverpool non perde nelle coppe europee dal 1973, contro la Stella Rossa. Il Genoa arriva da un combattuto 2-2 nel derby, che hanno perfino rischiato di vincere; Souness deve superare le contestazioni che montano dopo lo 0-1 interno contro il modesto Crystal Palace.

Il mago della Bovisa conferma l’undici del derby per 10 undicesimi: unica variazione Onorati per Fiorin. Souness sceglie ancora Hooper, recupera Rush e Barnes e in extremis dà fiducia a Molby. Whelan va in tribuna. Ma la sua vera arma è la Spion Kop, la curva, così ribattezzata nel 1906 da Ernest Jones in onore di 300 soldati inglesi che morirono sull’omonima collina sudafricana. Quando sale Yoi’ll never walk alone i brividi sono assicurati.

Il match è palpitante ma di correttezza esemplare. Il Genoa impiega 27 minuti per sgonfiare i Reds. Onorati suggerisce, Ruotolo rifinisce, Aguilera conclude con un diagonale mortifero. Ora il Liverpool deve segnare quattro gol per passare il turno, ma si gettano avanti a testa bassa: la qualificazione si può anche perdere, l’orgoglio no. Braglia per una notte si trasforma nel miglior portiere del mondo, salva su Jones, Barnes e Rush ma l’ex Juve riesce comunque a batterlo, di testa, su calcio d’angolo.

Braglia sfodera ancora magie, nella ripresa, su Marsh e due volte su Moelby. È ancora il minuto 27, stavolta della ripresa, il numero magico dei sogni liguri. Ed è ancora Aguilera a infilare dal cuore dell’area. Il Genoa è la prima squadra a espugnare la fortezza di Anfield. Dopo il fischio finale dalla Kop parte un applauso scrosciante che coinvolge tutto lo stadio. Un tributo memorabile per una notte indimenticabile.



Ma quella è anche la notte in cui tutto finisce. Si scatena una polemica sui premi, il giocattolo si comincia a rompere. Bagnoli vuole l’Ajax in semifinale: stavolta è accontentato. Molti giocatori annunciano che se ne andranno, così come lo stesso Bagnoli.

Battere cassa prima della semifinale non aiuta. L’Ajax vince 3-2 al Ferraris; al ritorno è solo 1-1. Il sogno è finito. Ma il ricordo di una sera in cui il Genoa non ha camminato da solo rimane per sempre. 

Nessun commento:

Posta un commento