lunedì 30 luglio 2012

Seoul 1988: Greg Louganis e il tuffo della morte




307C. Dietro un codice da provetta si nasconde uno dei tuffi più difficili previsti nelle gare dal trampolino e dalla piattaforma (coefficiente di difficoltà 3.5): il triplo e mezzo rovesciato raggruppato. È stato introdotto nei programmi nel 1982. Uno dei primi a lavorarci su è Greg Louganis. Finché prova i movimenti a terra, tutto ok. Ma la prima volta che sale sulla piattaforma da 10 metri per tentarlo, resta paralizzato dalla paura.

La paura l’ha accompagnato praticamente per tutta la vita. I suoi genitori, papà delle Samoa, mamma svedese, hanno 15 anni quando nasce. Dopo 8 mesi lo danno in adozione a Peter e Frances Louganis. Ma Peter ha problemi con l'alcol e il loro rapporto è da subito problematico. Greg soffre di asma, di molteplici allergie: per questo un medico propone alla famiglia adottiva di portare Greg a danza. È dislessico, anche se non gli viene diagnosticato subito, balbetta. A nove anni inizia a fumare e dopo poco a bere. Negli anni dell’adolescenza soffre di depressione e tenta il suicidio.

Svilupperà anche l'ofidiofobia, la paura dei serpenti. E la cura nel miglior modo possibile: la affronta. Compra un boa, lo tiene a casa, gli dà da mangiare uccellini morti finché guarisce dalla sua fobia.

A otto anni annuncia a sua madre di voler prendere lezioni di tuffi. A nove i medici riscontrano che qualcosa non va nel modo in cui stanno crescendo le sue ginocchia e gli suggeriscono di fermarsi. Li ignora.

L'acqua lo salva. Nel 1975 incontra Sammy Lee, medaglia d’oro nel 1948 e 1952. “La prima volta che l’ho visto” ha detto al Guardian, “ho capito che, con il giusto coach, Greg sarebbe potuto diventare il più grande tuffatore della storia”. Lee inizia a lavorare con lui per preparare i Giochi di Montreal. Nella finale dal trampolino soffre di mal di denti e arriva sesto. Chiede aiuto a un dentista, ma teme i controlli antidoping e rifiuta gli antidolorifici. Dalla piattaforma vince l’argento dietro Klaus Dibiasi. “Fra quattro anni sarai tu al posto mio” gli sussurra il campione italiano.

L’invasione sovietica in Afghanistan e il boicottaggio Usa ai Giochi di Mosca impediscono alla profezia di avverarsi. Ai Mondiali di Guayaquil, in Ecuador, nel 1982 è il primo a ottenere 10 da tutti i giudici in una grande manifestazione internazionale.

L’anno successivo, si presenta a Edmonton, ai Mondiali universitari, come uno dei pochi tuffatori al mondo capace di eseguire il 307C. Di quei pochi, uno solo è in Canada, il sovietico Sergej Šalibašvili che deve eseguirlo subito prima di Greg.

Louganis sale sulla piattaforma mentre Sergei si prepara a tuffarsi, ma sceglie di non guardare. Perciò sente solo il grido di Greg e quello della gente: “Non toccatelo, non toccatelo!”.  Šalibašvili ha sbattuto la testa sulla piattaforma ed è caduto come corpo morto cade senza più riprendere conoscenza. Louganis pensa all’incidente di Tbilisi del 1979, quando anche lui aveva sbattuto la testa durante il tuffo, ma per sua fortuna la piattaforma era di legno e non di cemento.

Passa mezz’ora, e con il sangue del rivale ancora sulla piattaforma, Louganis esegue quello che è stato ribattezzato il Tuffo della Morte e lo completa perfettamente. Nel 1984 vince due ori: dalla piattaforma chiude con 751.41 punti, oltre 100 in più del secondo; dal trampolino con 710.91, che è a tutt’oggi il più alto dall’avvento dell’attuale sistema di punteggio. Ma è a Seoul, quattro anni dopo, che entra nella leggenda.

Due ori, due segreti
Quando Louganis arriva a Seoul, sono in pochi a conoscere il suo segreto: Greg è gay. E decide di tenerne nascosto un altro. Ha una relazione violenta con il suo business manager, Jim Babbitt, che lo picchia e lo deruba minacciando di rivelare il suo segreto se dovesse lasciarlo. Babbitt è sieropositivo. Sei mesi prima dei Giochi, Louganis si sottopone al test e scopre di avere l’HIV. Il suo medico, che è anche suo cugino, gli prescrive un farmaco anti-retrovirale da prendere ogni quattro ore. Solo il suo coach, Ron O’Brien, e pochi altri lo sanno. Non lo confessa nemmeno al comitato olimpico Usa.

Come è andata, è ormai scritto nei libri di storia dello sport. Nelle qualificazioni per la finale dal trampolino, dopo otto rotazioni è in testa con otto punti di vantaggio. Sbaglia la nona, il doppio e mezzo ritornato raggruppato. Lo sbaglia a tal punto che sbatte la testa sul trampolino. 



Si apre una ferita. Sanguina. Il medico, James Puffer, ha dieci minuti per ricucirgli la ferita. Interviene, ma non ha i guanti. E non sa che Louganis è sieropositivo. Nel 1995, quando farà l’annuncio pubblico in diretta tv, Puffer si sottoporrà al test e risulterà negativo.

Quando si ripresenta, per un tuffo con tre avvitamenti, il pubblico trattiene il fiato. L’esecuzione è spettacolare: 87.12 punti, il punteggio più alto della gara per un singolo tuffo. “Mi sono ispirato a un mio amico” scriverà anni dopo, “Ryan White, un ragazzo dell’Indiana malato di HIV che ha lavorato senza sosta fino alla sua morte, nel 1990, per aumentare la visibilità dei malati di Aids e avere più aiuti dal Governo”.

La mattina dopo, per la semifinale e la finale, è un po’ teso. Ma non ha troppi problemi. Solo al termine di uno degli undici turni, il suo nome non è in cima alla classifica. La nona rotazione è determinante, il doppio e mezzo con cui il giorno prima ha ottenuto 6.30 punti. In finale ne arrivano 76.50. Chiuderà con un margine di 25 punti sul cinese Tan Liangde.

Molto più lottata la finale dalla piattaforma. Prima dell’ultima rotazione, in testa c’è il cinese Xiong Ni, 14 anni, che avrebbe vinto tre ori tra Atlanta e Sydney. Con l’ultimo tuffo ottiene 82.56 punti. Louganis ha bisogno della perfezione. E la trova. 86.70 punti che valgono l’oro con un margine di 1.14 punti. Quel giorno Greg si ritira dalle scene. Per l’addio ha scelto il triplo e mezzo rovesciato raggruppato, il Tuffo della Morte.



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