sabato 25 agosto 2012

Agassi vs Sampras: storia di una rivalità

Due personalità diverse, due opposti che si sono attratti per 34 volte, in ogni contesto, su ogni superficie. Ma il senso della contrapposizione e della complementarietà tra Agassi e Sampras è racchiuso in una sola partita, è racchiuso nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2001.

"Più li guardi" scriveva Peter De Jonge sul New York Times il 27 agosto 1995, "più capisci quanto hanno in comune. Agassi e Sampras sono uno lo specchio dell'altro. Il loro gioco, le loro mentio, si completano, forza per forza, debolezza per debolezza, con perfetta simmetria: Sampras ha il miglior servizio, Agassi la migliore risposta. Agassi il più devastante rovescio lungolinea, Sampras il miglior dritto in corsa. Agassi il più efficace lob in topspin, Sampras lo smash esplosivo.
"Le qualità di Agassi sono eccentriche, non intrinsecamente atletiche, basate sulla capacità di vedere la palla e di reagire con un'accuratezza e un velocità inarrivabili. In uno scambio da fondo, Agassi usa le mani per fare quegli aggiustamenti che altri fanno con i piedi. (...) Tutto nel gioco di Agassi è stretto, compresso. Colpisce a mezzo metro dal busto, è un crimine contron natura. Non si allunga mai, (...) anche il suo sorriso è tirato.
"Al contrario, Sampras è il giocatore più pulito, più fluido, con una forza tremenda nelle cosce e nelle caviglie. Quando gioca bene tutto è libero, silenzioso, mortale. (...) Per Sampras il tennis è un'esperienza sensuale. (...) E' un atleta puro. Gioca.
"La più grande differenza tra i due, tuttavia, può stare in questo: Sampras opera dall'alto di una convinzione incrollabile, quella di non aver ancora trovato qualcuno in grado di batterlo quando gioca bene, mentre Agassi sembra essere motivato, con la stessa efficacia, da sentimenti inestirpabili di insicurezza".


Sono entrambi figli di immigrati. Il papà di Andre, Mike, è stato nazionale iraniano di pugilato alle Olimpiadi prima di passare all'Occidente e stabilirsi a Las Vegas. E' lui a mettere sopra la culla del figlio una pallina da tennis appesa a una corda, è lui a costruire una macchina spara palle nel giardino sul retro, come Agassi ricorda nella sua autobiografia, "Open". Qui racconta le sessioni quasi disumane, "colpire 4.000 mila palline in due ore è meglio che colpirne 2.000 in quattro ore. (...) Se colpisci 2.500 palle al giorno, cioè 17.500 la settimana, cioè un milione di palle l'anno, non potrai che diventare il numero uno". E scrive di essere arrivato a odiare il tennis: "lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l'essenza della mia vita".

Sampras cresce in California. Il papà, Mark, è nato negli Usa ma ha origini greche. La mamma, Georgia, è immigrata dalla Grecia. Si sposano nel Maryland, dove Pete nasce. Mark lavora per il Dipartimento della Difesa e nel 1977, quando Pete ha quasi sei anni, si spostano in California dove cresce l'interesse di Sampras per il tennis.

La rivalità con Agassi inizia nel 1989, a Roma, con la netta vittoria di Andre; una contrapposizione tra due rivali che si sono sempre rispettati ma mai amati fino in fondo, che ha preso “fuoco” nel 1990, in finale agli Us Open. Un Sampras perfetto, prima maniera, contro un Agassi che non ha mai accettato la sconfitta ma lì ha iniziato a capire che avrebbe potuto colpire ancora più forte.

Perde ancora, in un match di livello tecnico straordinario, nelle semifinali del Masters 1994. Per un set Agassi non concede palle break, strappa il servizio e chiude con un'accelerazione lungolinea di rovescio 6-4. Il match gira a metà del secondo, dopo uno scambio stellare: Pete prova il chip and charge con l'approccio lungolinea di rovescio, e arriva in allungo sul passante incrociato stretto di dritto; riesce poi a chiudere a campo aperto sulla controsmorzata incrociata di Agassi, che cede 46 76 62.

Quando si giocano 34 partite uno contro l'altro, a un certo punto la tecnica e la strategia iniziano a contare di meno: ormai nessuno può avere più segreti. Ed è la mente a guidare la performance prima e più delle gambe o delle braccia, come dimostra la finale degli Australian Open 1995, l'unica finale di Slam vinta da Agassi sul Kid Sampras (46 61 76 64). In quell'edizione Sampras aveva pianto lacrime sincere quando il suo coach, e futuro capitano di Davis, è stato ricoverato in ospedale al terzo turno; e ha commosso tutti quando ha rimontato per due volte uno svantaggio di due set, scoppiando in lacrime prima del quinto contro Jim Courier. Ma questo non gli ha impedito di vincere la partita. Dopo la vittoria, però, Agassi ha dato prova di quel rispetto che tra i due non è mai mancato. “Oggi non era al meglio” disse, “ma la verita è una: lui è davanti a tutti”.

Pete si prende la rivincita a Flushing Meadows, poi per quattro anni nessun confronto diretto nei tornei dello Slam fino a Wimbledon 1999 (sei match totali, con 4 vittorie di Sampras). Nel match che chiude il millennio, nel “suo” giardino, Sampras gioca probabilmente la sua miglior partita sull'erba dei Championships. Il 4 luglio Sampras conquista il suo sesto Wimbledon, e il dodicesimo Slam della carriera. “Oggi camminava sull'acqua” ha ammesso a fine partita Agassi, che al termine della premiazione ha scherzosamente tentato di colpire il Kid con il trofeo del finalista. “E' stata la mia miglior partita da anni” ha spiegato Pistol Pete. “Andre ha tirato fuori il meglio di me portandomi a giocare a livelli fenomenali”. Come dimostrano le quattro risposte vincenti, i 17 ace (compresi i due di fila che hanno chiuso la finale), un paio di strepitosi passanti stretti di rovescio, tradizionale ed efficiente barometro della sua condizione e del suo standard di gioco, e una volée in tuffo alla Becker. Il 63 64 75 finale, scandito da un break per set, ha mandato Sampras nella storia come il primo giocatore dell'era open a trionfare per sei volte nella cattedrale del tennis.

Lo spettacolo della rivalità che ha scandito gli anni Novanta traborda all'inizio del nuovo millennio. E se il tennis è forse l'unico sport in cui è potuta sopravvivere una rilevante quota di epica, lo si deve a match come la semifinale degli Australian Open del 2000. Agassi vince 64 36 67 76 61, e il tiebreak del quarto set è da incorniciare accanto a quello giocato tra McEnroe e Borg a Wimbledon 1980. Match indimenticabili per diversi motivi: perché è solo la seconda volta che Agassi e Sampras arrivano al quinto set, perché solo Sampras può far apparire debole Agassi in un tiebreak (ha vinto il “jeu decisif” del terzo set 7-0), perché solo Agassi può sopravvivere a 37 aces e trovare la strada per la vittoria godendo dell'abbraccio di 15 mila fans in delirio. Andre diventa il primo, dopo Rod Laver, a raggiungere quattro finali consecutive nel Grande Slam, al termine di una battaglia di oltre tre ore che però si decide nel giro di cinque minuti.

Andre si trova con le spalle al muro: è sotto 5-4 nel tiebreak del quarto set, Sampras, solo minimamente condizionato da un piccolo infortunio muscolare al fianco destro durante il primo set, è a due punti dal match. Si salva con due servizi vincenti e un passante di dritto sul servizio del ventinovenne di Washington. Agassi tiene il servizio nel primo gioco del quinto. Sampras inizia a servire per il secondo game. Cerca l'ace centrale, Agassi risponde nelle scarpe, Pete prova la volée incrociata cui Agassi ribatte d'istinto, altro tentativo di Pete col passante incrociato di dritto, voléè in tuffo di Agassi che chiude il punto. Il pubblico impazzisce, Sampras si avvia mestamente a fondo campo, con lo sguardo a terra. Il match si decide qui. Sampras mette a rete un colpo non impossibile poi, sul 15-30, si lamenta del fatto che Agassi saluti ad alta voce il coach, Brad Gilbert, seduto accanto a Steffi Graf: un gesto inusuale per lui. Andre con un velenoso dritto lungolinea costringe Sampras a sbagliare la volée prima che Agassi, ancora di dritto, trovi l'unico break di cui ha bisogno nel quinto set. Sampras perde per la prima volta in Australia al quinto set; Agassi si avvia a vincere il torneo contro Kafelnikov.

Ma è solo il preludio del vero show, che arriva l'anno successivo, con il “Van Halen tribute” che va in scena a Flushing Meadows. Van Halen è l'uomo che ha inventato il tiebreak: senza di lui chissà quanto sarebbe durato quel quarto di finale agli Us Open 2001. Sampras, icona del bravo ragazzo, è in completo bianco. Agassi, passato dai jeans strappati agli orecchini, dalla parrucca bionda alla pubblicità ("l'immagine è tutto" per la Canon) alla relazione con Barbra Streisand prima di trovare equilibrio sposando Steffi Graf, è in nero.E' uno dei match più belli di sempre.

Tre ore e trentadue minuti di show che il pubblico ha salutato con una standing ovation all'inizio del tiebreak del quarto set. Ed è proprio questo omaggio il ricordo più forte che rimane a Pete Sampras, come ha spiegato all’inizio di quest’anno a Steve Flink per la riedizione del suo libro The Greatest Tennis Matches. “Erano tutti in piedi e per cinque secondi questo mi ha spinto fuori dalla partita. Pensavo, ‘Wow, deve essere molto bello per loro’. Da atleti, noi due ne avevamo passate tante ma tutto si poteva riassumere in quel momento in cui i tifosi si sono alzati per applaudirci. Era come se stessero dicendo ‘Sono due grandi americani e potremmo non vedere niente di simile per i prossimi dieci, venti o cinquant’anni’. Così ci hanno mostrato tutta la loro ammirazione”. Un match in cui nessuno ha mai perso il servizio, in cui ci sono state solo nove palle break (polarizzate nel primo e nel quarto). Sampras chiude con 25 aces, 170 discese a rete con il 70% di punti trasformati. Agassi è strepitoso, gioca un match fatto di risposte e anticipi impossibili e chiude con 15 errori gratuiti e 55 vincenti. Ma alle volte, specie contro il Kid di Washington, il meglio non basta. E si ritrova così a perdere per la seconda volta in carriera a Flushing Meadows dopo aver vinto il primo set (l'unica altra occasione contro Lendl in semifinale nel 1988). In 24 dei precedenti 31 confronti con Sampras, chi aveva vinto il primo set aveva poi portato a casa il match. E’ raro che nel tennis due giochino al meglio allo stesso tempo” ha aggiunto Sampras sempre parlando a Steve Flink per il suo libro. “Io facevo quello che mi riusciva meglio, ma Andre era solido come una roccia, non sbagliava mai. Fisicamente credo di aver consumato un po’ di più, perché giocavo serve and volley, tutto scatti e frenate. Andre era mentalmente eccezionale. Due grandi giocatori hanno dato il meglio quella sera e ne è venuta fuori una delle partite più incredibili cui io abbia preso parte”.


I due tornano sul luogo del delitto dodici mesi dopo, per l'ultima grande recita di Pete Sampras. E Agassi non vuole rovinargli la festa. Elimina Hewitt in semifinale lottando, mentre Sampras ha vita più facile contro Sjeng Schalken. Saampras si muove meglio, è più fresco, anche se col fiato un po' corto. Fa serve & volley su prima e seconda, con una voglia matta di vendicarsi chi lo considerava un dead man walking prima del tempo. E, stavolta sì, Andre perde perché c'è Pete di là, che chiude 63 64 57 64 e appende la racchetta al chiodo. Andre perde per quella chimica particolare che Sampras ha sintetizzato anni dopo così: “Con me Agassi perdeva anche quando giocava meglio perché sapeva che ero più forte”.

Questo post costituisce una rielaborazione di due articoli da me pubblicati su Ubitennis: "Trent'anni di rivalità" (dicembre 2009) e "New York, New York - parte 2 (agosto 2012)

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